Moriar ne moriar
Un itinerario di discernimento con Agostino
“che io muoia per non morire”
Un nuovo libro di Armando Genovese, Missionario del Sacro Cuore.
Professore ordinario di Patrologia presso la Pontificia Università Urbaniana, si è dedicato con particolare attenzione ad Agostino, alla ricezione del pensiero agostiniano nel Medioevo, all’esegesi patristica.
Pensato inizialmente come corso di esercizi spirituali, predicati a un amico che stava per essere ordinato vescovo, sono diventati un vero e proprio itinerario indirizzato a tutti, per un discernimento personale e comunitario. L’espressione che dà il titolo al libro si trova all’inizio delle Confessioni (1,5,5): sant’Agostino esprime il suo desiderio di vedere il volto di Dio, e di essere pure disposto a morire, se questo è il prezzo da pagare.
Nel libro troviamo profuso lo studio dei Padri, dei fenomeni storico-religiosi del Tardo-Antico, della Letteratura cristiana dei primi secoli, ossia le competenze del p. Armando, ma soprattutto uno sguardo con gli occhi del cuore, che riconosce in Agostino una guida autorevole di vita spirituale. S. Giovanni Paolo II lo ricorda come «principe dei mistici» nella Lettera Apostolica Augustinum Hipponensem (n. 5).
Il discernimento è una disposizione d’animo che ci fa separare, giudicare, soprattutto distinguere il vero dal falso. Etimologicamente discernere deriva dal latino ed è composto da dis – che indica separazione – e cernere, scegliere. Scopo del discernimento è riconoscere nelle vicende della vita e in sé stessi la chiamata di Dio. Leggere la storia con Dio richiede di porsi nella verità davanti a Dio. Si tratta di un punto chiave, di una condizione necessaria: infatti, solo se si conoscono i propri pregi e i propri limiti, senza filtri e senza maschere, è possibile poter discernere e, quindi, operare nella giusta direzione. Non a caso, il desiderio dichiarato di Agostino è di conoscere se stesso come Dio lo conosce, e sin dall’inizio mette in stretta relazione conoscenza di sé e conoscenza di Dio. Dal momento della sua conversione, dà voce a questa relazione: «O Dio che sei sempre il medesimo, che io abbia conoscenza di me, che io abbia conoscenza di te. – Noverim me, noverim te» (Solil. 2,1).
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