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Lettera Apostolica Candor Lucis Aeternae

Candor Lucis Aeternae

Lettera apostolica in occasione del VII centenario della morte di Dante Alighieri

Pubblicata il 25 marzo 2021 la Lettera Apostolica di Papa Francescesco dal titolo Candor Lucis aeternae, giorno in cui la liturgia celebra l’ineffabile mistero in cui Maria nostra madre disse “eccomi” all’annuncio dell’Angelo (cfr. Lc 1,38), ma è anche un giorno «particolarmente significativo per la vicenda storica e letteraria del sommo poeta Dante Alighieri, profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dell’uomo».

Attraverso questa lettera apostolica Papa Francesco vuole unirsi alle celebrazioni per  il VII centenario della morte di Dante Alighieri, il poeta che «ha saputo esprimere, con la bellezza della poesia, la profondità del mistero di Dio e dell’amore», nell’opera, famosa in tutto il mondo, della Divina Commedia.

Altri Papi, come Benedetto XV, Leone XIII e San Pio X, parlarono di Dante, del suo genio artistico e della sua profonda fede. Infatti, Dante, definito anche come un poeta teologo, fa del suo viaggio che inizia all’inferno «per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente» (Inf. III, 3), passa per il purgatorio «poi fummo dentro al soglio de la porta che ’l mal amor de l’anime disusa, perché fa parer dritta la via torta» ( Purg. X, 3) e arriva al paradiso «Nel ciel che più de la sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende» (Par. I, 6), come un percorso di rinascita e conversione assumendo così il ruolo di «messaggero di una nuova esistenza, il profeta di una nuova umanità che anela alla pace e alla felicità».

Scrive il Papa: «Con questa Lettera Apostolica desidero unire la mia voce a quelle dei miei Predecessori che hanno onorato e celebrato il Poeta, particolarmente in occasione degli anniversari della nascita o della morte, così da proporlo nuovamente all’attenzione della Chiesa, all’universalità dei fedeli, agli studiosi di letteratura, ai teologi, agli artisti […]. Con questa Lettera apostolica desidero anch’io accostarmi alla vita e all’opera dell’Illustre Poeta per percepire proprio tale risonanza, manifestandone sia l’attualità sia la perennità, e per cogliere quei monitie quelle riflessioniche ancora oggi sono essenziali per tutta l’umanità, non solo per i credenti. L’opera di Dante, infatti, è parte integrante della nostra cultura,ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, (sottolineature nostre) rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli […] egli appare straordinariamente vicino a tanti nostri contemporanei».

Nella missione profetica di Dante, sottolinea il papa, «si inseriscono anche la denuncia e la critica nei confronti di quei credenti, sia Pontefici sia semplici fedeli, che tradiscono l’adesione a Cristo e trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando lo spirito delle Beatitudini e la carità verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza». Ma attraverso le parole di San Pier Damiani, di San Benedetto e di San Pietro, il Poeta, «mentre denuncia la corruzione di alcuni settori della Chiesa, si fa portavoce di un rinnovamento profondo e invoca la Provvidenza perché lo favorisca e lo renda possibile […]. Dante sa leggere in profondità il cuore umano e in tutti, anche nelle figure più abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio per raggiungere una qualche felicità, una pienezza di vita».

Infine, conclude il papa con uno sguardo al nostra tempo, a «questo particolare momento storico, segnato da molte ombre, da situazioni che degradano l’umanità, da una mancanza di fiducia e di prospettive per il futuro, la figura di Dante, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicità, può ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino. Può aiutarci ad avanzare con serenità e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finché il nostro cuore non avrà trovato la vera pace e la vera gioia, finché non arriveremo alla meta ultima di tutta l’umanità, «l’amor che move il sole e l’altre stelle» (Par. XXXIII, 145)».

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