MISSIONE
Entrando nel cuore della nostra congregazione, dove risiede come un tesoro inestimabile la spiritualità del nostro fondatore, la caratteristica più istintiva e maggiormente identificabile è quella della missione.
Tra i tanti titoli che il padre Chevalier poteva scegliere per indicare i suoi sacerdoti impegnati a far conoscere l’amore di Dio al mondo, scelse quello di “missionari”. Ma questo termine non indica il significato ristretto di uomini impegnati a far conoscere il Vangelo a quanti non lo avevano mai sentito prima ma, con questo termine, volle identificare colui che è inviato a quanti sono nel bisogno per portar loro le «ricchezze dell’amore e della misericordia del Cuore di Cristo».
Molto bello, e degno di nota, è ciò che il padre Chevalier scrisse in merito:
«Egli (Gesù) è il primo Missionario del Sacro Cuore (…). Egli fu il primo a far conoscere agli uomini il suo amore per loro… Ovunque e sempre, in ogni sua azione, ha dimostrato l’infinito amore per la missione che era venuto a compiere sulla terra».
E se è vero che il primo missionario del Sacro Cuore fu Gesù stesso, il secondo fu certamente padre Jules che si sentiva attratto da questa missione alla quale è chiamato a partecipare; questa fu una presa di coscienza della realtà in cui visse e crebbe. Questa presa di coscienza mosse forma nel suo cuore attraverso una «amorosa sollecitudine verso gli uomini nei loro bisogni di fede, di amore e di valori cristiani (…), poi scoprì un Cristo che ebbe compassione e che aveva mostrato un amore infinito per gli uomini. E quando capì che il suo amore per l’umanità era impotente, s’accorse che l’amore di Cristo era davvero redentore… ed è questo che Gesù compie per la salvezza delle anime; ci chiama tutti ad unire i nostri sforzi ai suoi per lavorare con Lui nel convertire le anime che si sono perdute».
È interessante come padre Chevalier, anticipatore dei tempi, parla della missione come una chiamata che coinvolge tutti. Papa Francesco, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium parla della missione come un qualcosa che non si può sradicare dall’essenza propria di ciascun individuo. «Io sono una missione su questa, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare». Ci troviamo su questa terra, nel qui e ora, per testimoniare e trasmettere la bellezza di Gesù.
Sempre papa Francesco, nell’omelia della giornata mondiale missionaria 2019, ci parla della missione che deve vivere ognuno di noi: «donare aria pura, di alta quota, a chi vive immerso nell’inquinamento del mondo; portare in terra quella pace che ci riempie di gioia ogni volta che incontriamo Gesù sul monte, nella preghiera; mostrare con la vita e persino a parole che Dio ama tutti e non si stanca mai di nessuno».
Tutti siamo chiamati ad essere missionari, tutti possiamo esserlo! Chevalier ricordava che, «se i Missionari desideravano che Cristo lavorasse tramite le loro mani, dovevano averlo sempre davanti agli occhi e nel cuore con la preghiera e con la contemplazione. Potranno essere sicuri di entrare nella sua missione, solo quando gli consentiranno di amare coi loro cuori umani, e di far risplendere il suo amore per gli uomini attraverso la loro umana bontà».
Coraggio, Gesù si aspetta tanto da noi! ha una sorta di “inquietudine” per quelli che non hanno ancora incontrato l’amore di Dio. Corriamo con amore e perseveranza verso tutti, perché la nostra vita è una missione, un dono da offrire.